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IN RICORDO DI SALVATORE MANCUSO

IN RICORDO DI SALVATORE MANCUSO
di Gaetano Armao
La scomparsa di Salvatore Mancuso é una grande perdita per la nostra terra. L’amava in modo totale, ne era posseduto dagli scorci, dagli odori, dai sapori, dai suoni, dalla patina che accompagna le cose che hanno storia e valore. La portava nell’anima e non tradiva le sue radici in un mondo dove spesso chi ha necessità di accreditarsi in contesti diversi dal suo sviluppa capacità adattative che giungono sino ad assumere modi ed espressioni estranee o, addirittura, grottesche.
Lui faceva al contrario, era un “Siciliano-totale”, imponeva la sua sicilianitá prorompente, perché dell’Isola aveva la cultura, il senso della storia, la bonomìa, ma anche la percezione dei limiti e delle incongruenze. Il classico “siciliano di mare aperto”, come si definiva Camilleri, ma che amava tornare nel paese natio, nella tana dalla quale era partita l’avventura della vita: Sant’Agata di Militello. Luogo vicino e lontano dalla terra d’origine della mia famiglia, Santo Stefano di Camastra, come lo dipinge, aprendo “Notte tempo, casa per casa”, un altro grande santagatese trapiantato a Milano, Vincenzo Consolo.
Pubblicati gli articoli che hanno dato notizia della sua morte – mi piace richiamare quello del “Sole-24 Ore” del 17 aprile 2020 che lo definisce opportunamente “uno dei protagonisti indiscussi della finanza Italiana” – voglio ricordarlo per come l’ho conosciuto, circa venti anni fa.
Lui un affermato banchiere, manager di importanti società e poi autorevole consulente aziendale -aveva appena fondato il Fondo Equinox, divenuto in breve tempo una realtà finanziaria di tutto rispetto – io giovane professionista che estendeva l’attività dell’antico studio di famiglia a Milano. Mi accolse subito con attenzione e simpatia e da lì sorse un’amicizia che adesso diviene solo spirituale.
Determinato, arguto, sagace, privo di timori reverenziali, a tratti ostico con chi ne ostacolava le strategie, applicò il metodo che scaturiva dal suo carisma ai risanamenti aziendali, alle scalate, come al confronto che lo vide, alla guida del Banco di Sicilia, cimentarsi nel tentativo per salvare l’ultima grande banca siciliana, la cui storia è stata mirabilmente ricostruita da Francesco Asso. Purtroppo era tardi, gli errori, gli abusi e le connivenze degli anni passati avevano creato le condizioni per la distruzione di un’Istituzione che è stata il più grande colpo inferto dalla finanza nazionale all’economia siciliana, creando molti dei danni che oggi pagano le nostre imprese.
Era un professionista integrale, non distingueva momenti, fasi della giornata.
Per lui lavoro, viaggi, pause, week-end erano sempre momenti di confronto continuo, di informazione, di riflessione, d’iniziativa, di conoscenza.
Gioviale, raffinato, bon-viveur, trovava la sua dimensione trattando di finanza ed investimenti come discutendo degli straordinari prodotti dell’azienda agricola di famiglia, guidata (invero con attenzione maniacale) insieme ai fratelli Bruno e Giuseppe.
L’ultimo pranzo insieme nella sua splendida casa di Sant’Agata, frugale e genuino, pasta e fagioli e quindi dolci giuggiole, poi a riflettere su alcune iniziative di investimento della nostra economia che questa drammatica pandemia rischia di allontanare terribilmente.
Splendida casa “Costanza” a Sant’Agata, disegnata dal genio architettonico siciliano di Vincenzo Melluso e collega dell’Università di Palermo, dove tornava spesso, come attratto da un centro di gravità.
Una casa le cui forme avevano conquistato un altro grande della finanza italiana da poco scomparso, Guido Roberto Vitale, innamorato di Sicilia, che tra un’iniziativa sull’anastilosi del tempio G di Selinunte ed idee sulla valorizzazione degli immobili della Regione mi raccontava di come, ospite di Salvatore, volle quelle linee pulite per la sua villa in Puglia.
Salvatore riposerà in Sicilia.
Il suo esempio sia riferimento per i giovani che in questa terra crescono, per comprendere che con idee e determinazione si può crescere e conseguire importanti successi professionali, e per i tanti che sono andati via, affinché non perdano le radici e l’amore per la terra natia.

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