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Dove si è nascosta la Palermo che ho amato?

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Il centro trasformato in un orrido suq, una legalità a singhiozzo e un’amministrazione che non può più accampare scuse. E sventolare alibi

 

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Attraversando i portici di piazza Ungheria, tra transenne e calcinacci, mi sento straniero nei luoghi che hanno accolto la giovinezza di tanti di noi, i sogni e le speranze, le passeggiate, gli incontri fatti di garbati cenni di saluto dei tanti che credevano in una Palermo capace di crescere e progredire.

Sto andando all’Università per gli esami e penso alla città di domani. Non ricordo di aver inviato quattro anni fa una candidatura dell’itinerario arabo-normanno di Palermo, Monreale e Cefalù tra i Patrimoni dell’Umanità (World Heritage List) dell’Unesco – ero assessore regionale ai beni culturali allora – che prevedesse anche la riproduzione di uno sgangherato mercato all’orientale.

Oggi quei portici sono trasformati in un orrido suq nel quale si vende di tutto e fuori da ogni criterio e dove l’abuso e la violazione della legge divengono regola. È incomprensibile la negazione della legalità troppe volte declamata nella città violentata dalla mafia, nella quale si eludono norme sull’uso del suolo pubblico, disposizioni fiscali, regole a tutela della salute delle persone. Sembra passato un secolo da quando Palermo era una storica piazza finanziaria – il Banco di Sicilia e la Sicilcassa a fronteggiarsi – ove per l’approvazione del bilancio delle banche giungeva a Palermo anche il ministro del Tesoro.

C’erano anche il Charleston e Mazara, eccellenza della ristorazione, gioiellerie e boutiques. Ognuno ci stava come poteva, con eleganza dando senso alla sintesi di Giorgio Armani (“i cretini non sono mai eleganti; gli intelligenti, invece, anche con due stracci addosso, sono vestiti logicamente, quindi sono sempre eleganti”).

Quel mondo è finito per scelte ottuse che hanno ucciso l’autonomia economica della nostra Terra imponendole la dipendenza ed il giogo di poteri finanziari esterni che predatoriamente puntano allo sfruttamento senza criterio e che hanno impoverito il commercio, le professioni, gli artigiani.

A pochi passi, al cospetto di quel meraviglioso teatro che è il Massimo, le bancarelle del malaffare si sposteranno in serata rendendo la piazza incomparabile pure con il peggiore degli stands dell’ultima decadente Fiera del mediterraneo. Ma non può essere questa la prospettiva per il cuore urbano di ‘El Aziz’ (la meravigliosa) divenuta un esempio di “urbanistica fuzzy” nella quale annegano i siti che dovrebbero condurci a divenire patrimonio dell’umanità. Ogni città protegge il suo cuore, lo difende dagli abusi e dal degrado, lo mostra con orgoglio ai visitatori. Palermo no.

Non è questa l’integrazione alla quale dobbiamo comunque puntare per il rilancio di una Regione dove siamo sempre in meno, più vecchi e più poveri. Se la Sicilia ha scommesso per troppo tempo su un’industrializzazione senza sviluppo, oggi questi luoghi divengono paradigma dell’abbandono, dell’economia al ribasso, dell’illegalità senza mafia, ma anche senza speranza.

Un brandello scomposto di terzo mondo dove l’imperativo è solo sopravvivere.

È come se questi luoghi abbiano assunto le fattezze di un alticcio clochard in cerca di qualche spicciolo per stordirsi, occupando spazi senza logica e dignità, privo di idee e futuro, annegato nel lerciume, alla mercé di chiunque gli offra un’occasione di sfruttamento sempre più degradante. Non si tratta di recuperare un moralistico senso del decoro, che di per sé potrebbe giustificare l’indignazione di chi vive in una città che è divenuta l’ombra di se stessa, ma di contestare la scelta assurda di mostrare al mondo il peggio che abbiamo raccattato tra i diseredati ed i senza dimora.

Palermo può essere diversa pur nel difficile momento che viviamo, basta recuperare la dignità di appartenervi, l’orgoglio di essere cittadini di una delle più belle città d’Europa. Come pensiamo di offrire, anche a coloro che vengono a visitare Palermo, un centro in queste condizioni? Che dimensione di legalità e socialità offriamo ai nostri figli rendendo possibile un degradante mercato ad ore senza criteri? C’è un disegno o è solo lassismo?

Tutti dobbiamo fare la nostra parte e la sola lamentela – in privato o su Facebook – è unicamente un grande alibi. E questo a partire dall’amministrazione comunale. Che senso hanno la battaglia contro gli orribili gazebo che hanno deturpato tante strade o quella per la benemerita pedonalizzazione di via Maqueda se non si garantisce il rispetto delle regole e del decoro urbano?

Si avvii un programma di recupero che passi per il ripristino della legalità concreta. Via gli abusivi, via chi viola la legge, chi abusa dello spazio pubblico in modo indecoroso. Senza se e senza ma. Anche così contribuiremo a recuperare la Palermo che amiamo e non vogliamo abbandonare.

[Gaetano Armao, avvocato cassazionista, docente di Diritto amministrativo all’Università di Palermo e di Diritto dell’Economia nell’Universitas Mercatorum di Roma. È presidente della Fondazione Unesco Sicilia]

http://www.dipalermo.it/2014/09/16/dove-si-e-nascosta-la-palermo-che-ho-amato/

Informazioni su Gaetano Armao

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